Credito ricerca & sviluppo: conviene riversarlo al fisco?

Se temi di esserti avvalso in modo non corretto di un credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo maturato nel periodo 2015-2019 per attività di ricerca e sviluppo, hai la possibilità di procedere alla regolarizzazione della tua posizione fiscale attraverso il riversamento (anche rateale) dell’importo del credito utilizzato in compensazione. Questa è la procedura introdotta dall’art. 5 del D.L. n. 146/22 (conv. in L. n. 215/21) per deflazionare il ricorso al contenzioso.

Il termine per presentare la domanda di riversamento del credito R&S tramite apposito modello, è stato rinviato dapprima al 30/11/2023 poi al 30/06/2024 e infine al 30/07/2024 con termini per il versamento del credito entro il 16/12/2024 se in un’unica soluzione, o in tre rate annuali da pagare rispettivamente entro il i) 16/12/2024, ii) 16/12/2025, iii) 16/12/2026. Le ultime due rate saranno gravate di interessi al tasso legale (art. 5, c.1, DL n. 145/2023). E’ possibile revocare un’istanza precedentemente presentata entro il 30/06/2024, a condizione che, a tale data, non sia stato effettuato alcun versamento (art. 5, c.1-bis, DL n. 145/2023). Successivamente, è possibile inviare una nuova istanza di riversamento, entro il 30 luglio 2024.

 

Al fine di poter aderire a tale procedura, il contribuente che abbia realmente svolto un’attività in tutto o in parte non qualificabile come attività di ricerca e sviluppo, deve aver commesso in buona fede errori nella determinazione del credito d’imposta e, nello specifico, deve trovarsi in almeno una delle seguenti condizioni: aver commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità; aver commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento; aver erroneamente applicato l’art. 3 c. 1-bis D.L. n. 145/2013 ai fini del riconoscimento del credito d’imposta ai soggetti residenti o a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti che eseguono attività di R&S nel caso di contratti con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri UE, negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico Europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito.

Tale possibilità è preclusa quando sono spirati i termini di impugnazione, quando intervengono sentenze passate in giudicato, nonché dal pagamento o da ogni altra forma di definizione.  

L’accesso alla procedura di riversamento è in ogni caso escluso nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione: i) sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente e soggettivamente simulate, di false rappresentazione della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti; ii) sia privo di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili.

Cosa fare se non ritieni di essere nella condizione di dover riversare il credito?

In tali casi, in ottica preventiva di possibili controlli del Fisco, è utile poter produrre un documento che certifichi la qualificazione delle attività svolte per il credito ricerca e sviluppo.

Tale certificazione, che può essere richiesta preventivamente (fino alla notifica del p.v.c.), è l’attestazione che gli investimenti effettuati nell’ambito Ricerca e Sviluppo sono realmente ammissibili al beneficio. Se non viene contestata, tale certificazione ha effetti vincolanti per l’Amministrazione Finanziaria, a meno che non venga rilasciata per un’attività diversa da quella realizzata, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti.

Chi può emettere?

Le indicazioni per individuare i soggetti abilitati all’emissione di una certificazione di questo tipo sono contenute in un DPCM  che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 novembre 2023, dove sono esposte le modalità e le condizioni della procedura, nonché dei requisiti di professionalità, onorabilità e imparzialità dei certificatori inclusi in un apposito albo tenuto dal Ministero dello sviluppo economico, nel quale sono «compresi, in ogni caso, le università statali, le università non statali legalmente riconosciute e gli enti pubblici di ricerca» (art. 4 lett. d) del Decreto).

Perché è importante fare elle valutazioni di convenienza e verificare se il credito sia da riversare o meno?

Negli ultimi anni l’azione ispettiva del Fisco è sempre più orientata alla verifica dell’effettività dell’attività svolta in ambito di ricerca e sviluppo, con particolare riferimento ai requisiti che il Manuale di Frascati richiede affinché un’attività di R&S sia considerata tale: novità, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità e/o riproducibilità.

L’Agenzia delle Entrate è arrivata di frequente, peraltro senza mai ricorrere ad un parere del Mi.S.e., a contestare la legittimità dell’utilizzo del beneficio fiscale proprio in relazione all’opposta assenza di un pieno riscontro dei criteri indicati nel sopracitato Manuale. Le controversie sul tema sono spesso nate con specifico riferimento al requisito della novità.

Infatti, come più volte chiarito anche dalla stessa Agenzia delle Entrate, nel campo di applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che l’impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle che si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo secondo i criteri di classificazione e qualificazione indicati nel Manuale di Frascati: vale a dire le attività che nell’ambito di un determinato progetto finalizzato all’introduzione di un nuovo prodotto (bene o servizio) o di un nuovo processo (di produzione di un prodotto) – o finalizzato ad apportare significativi miglioramenti a prodotti o processi esistenti – si rendano necessarie per il superamento di un problema o di un’incertezza scientifica o tecnologica, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico.

Per converso, devono ritenersi escluse le attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente dall’effettuazione di investimenti volti all’introduzione da parte della stessa di tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell’ambito del settore di appartenenza.

Questa tematica è stata affrontata anche dall’attuale giurisprudenza, che sembra riconoscere il fatto che il Fisco non possa svolgere in autonomia le valutazioni tecniche per disconoscere il credito d’imposta senza il coinvolgimento dell’ente competente, il Mi.S.e.

In particolare, esiste un filone giurisprudenziale a tutela del contribuente che tende ad “ammonire” il lavoro istruttorio operato dall’Agenzia delle Entrate in assenza delle adeguate competenze tecniche.

Per saperne di più su quali soluzioni siano a tua disposizione, se vuoi un confronto per valutare i profili fiscali e tributari per decidere se riversare o meno il credito di Ricerca & Sviluppo, contattaci a questi recapiti: valuteremo insieme il tuo caso specifico e ti aiuteremo a metterti in pace con il Fisco.

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